perché-ci-piacciono-cattivi-film-serie-tv

I cattivi dei film e i villan delle serie TV: perché ci piacciono?

Condividi l'articolo!

Fin da piccoli veniamo indirizzati ad amare l’eroe e odiare il cattivo. Attraverso le fiabe e i film Disney, il mondo è diviso in buoni e cattivi, e tutti fanno il tifo per il bravo ragazzo, per l’eroe. Ma di recente abbiamo assistito a un sorprendente aumento della popolarità dei cattivi sul grande schermo. Il Joker, Malefica, Darth Vader, Scar: ci stiamo rendendo conto che dopotutto non sono poi così male? O ci stiamo lentamente ritrovando a strisciare verso il lato oscuro?

Con la serie “I Soprano”, ovvero con l’inizio della cosiddetta terza golden age della televisione (Maio, 2009), assistiamo a una progressiva avanzata della figura dei cattivi.

I CATTIVI DEI FILM E DELLE SERIE: COME LI DIVIDIAMO?

Prendiamo Harry Potter. Il giovane Harry ha rapidamente negato qualsiasi somiglianza nei tratti della personalità con Lord Voldemort quando Voldemort ha detto che lui e Harry erano molto simili. In effetti, le persone cercano di evitare qualsiasi informazione che possa mettere a repentaglio l’immagine positiva che hanno.

Iniziamo col fare una differenziazione di base. Abbiamo i classici cattivi cattivi dei film e serie tv, personaggi totalmente privi di moralità e senza accenni di possibile redenzione. Poi abbiamo gli anti-eroicaratterizzati da debolezze che gli impediscono di essere eroi. Infine possiamo individuare i cosiddetti rough heroes. Questa terza categoria è stata ampliamente approfondita da Anne W. Eaton (2012), che ha sottolineato come i rough heroes presentino un’intrinseca immoralità che però in fondo nasconde un accenno di bontà. Secondo i ricercatori Rebecca Krause e Derek Rucker della Northwestern University, i cattivi delle storie avrebbero fornito uno sbocco per esplorare una versione più oscura di se stessi che sarebbe stato immorale esporre nella vita reale.

COSA INFLUENZA LA NOSTRA SCELTA DEI CATTIVI NEI FILM O SERIE?

Ecco alcuni elementi che giocano un ruolo cruciale nel dirigere il nostro apprezzamento:

  • Le debolezze: molto spesso i cattivi che attirano la nostra simpatia hanno dei trascorsi familiari che li hanno portati a scegliere la strada sbagliata per avere riscatto, o che essendo stati esclusi dal resto della società hanno dovuto trovare un modo alternativo per lasciare il segno (Joker di Batman);
  • Le doti spiccate: fisiche o intellettive. Di conseguenza è molto più facile prendere le parti di qualcuno esteticamente attraente o con capacità cognitive superiori alla media (Walter White);
  • Il contesto: permette di esplorare il nostro lato oscuro attraverso azioni (compiute da altri), che nella vita non compiremmo mai.

 Inoltre gli sceneggiatori utilizzano degli escamotage per amplificare la nostra preferenza (per renderci inconsciamente complici):

  • Meccanismo di familiarizzazione. Vengono messe in risalto le fragilità del cattivo, i suoi aspetti più umani. Quindi, in questo modo, veniamo a conoscenze delle sue insicurezze e improvvisiamo dei tentativi di giustificazione per le sue azioni immorali;
  • Meccanismo della dialettica realismo/finzione. Proprio nei momenti più cruenti ecco che viene inserito un elemento a sdrammatizzare la gravità dell’accaduto attraverso scene comedy o surreali;
  • Meccanismo del male minore. Il cattivo che amiamo non è mai il PIÚ. C’è sempre qualcuno peggiore di lui e prendere le sue parti diventa ancora più semplice (Bernardelli, 2016).

Jean-Jacques Rousseau ha approfondito il tema del male in molti suoi scritti, sostenendo che in natura l’uomo è buono, è la società a renderlo cattivo. Dunque, il subentrare di bisogni secondari e di emozioni impure, sarebbero la causa della nascita della cattiveria.

“L’idea centrale della filosofia di Rousseau è che ogni uomo nasce buono e giusto, e se diventa ingiusto la causa è da ricercare nella società che ne corrompe l’originario stato di purezza”
(Sozzi, 1981).

In questa frase è già possibile intravedere una delle motivazioni chiave che ci porta ad amare i cattivi. Sono come noi. Cittadini di una società sempre più inclemente in cui scelgono il modo sbagliato per riuscire a risolvere i loro problemi. Sono temi familiari ad ognuno di noi. Ciò che facciamo è immedesimarci nella storia del cattivo. Nei traumi subiti durante l’infanzia, nei rifiuti ricevuti dalla società, nel non sentirsi accettati in un mondo che per tutti gli altri sembra così facile. L’inadeguatezza porta alla nascita di sentimenti di misantropia e isolamento sociale, caratteristiche peculiari di quei cattivi a cui, senza capirne il motivo, ci sentiamo così emotivamente legati.

PREDISPOSIZIONE AI CATTIVI: CI SI DEVE SPAVENTARE?

Carl Jung una volta ha notato che dobbiamo affrontare e comprendere la nostra natura nascosta per crescere come esseri umani, e questo significa il nostro lato malvagio così come il nostro bene. Il dottor Jekyll e il signor Hyde sono la stessa ragione per una persona. Dobbiamo fare i conti con noi stessi in modi sano. Affrontare i nostri sé ombra in modi malsani ci porterà a scatenare il peggio di noi stessi, come Joker ha fatto fare ad Harvey Dent.

Significa forse che domani ci sveglieremo e inizieremo a cucinare metanfetamina? No, tendenzialmente no. A meno di non essere dei chimici ultra dotati che devono salvare le sorti della propria famiglia.

Scherzi a parte, consideriamo che c’è sempre una soglia. Se il nostro antieroe compie un’azione che per noi supera il segno allora lo abbandoniamo o per lo meno lo critichiamo. Mostrare affinità o simpatia verso questi personaggi non significa che siamo delle cattive persone, ma che una parte di noi, in una realtà di finzione, comprende quello che fanno.

 

 


Bibliografia

Bernardelli, A. (2016). Cattivi seriali. Personaggi atipici nelle produzioni televisive contemporanee, Roma, Carocci.

Eaton, A. W. (2012). Robust immoralism. The Journal of Aesthetics and Art Criticism, 70(3), 281-292.

Grizzard, M., Huang, J., Fitzgerald, K., Ahn, C., & Chu, H. (2018). Sensing heroes and villains: Character-schema and the disposition formation process. Communication research, 45(4), 479-501.

Maio, B., & Thompson, R. (2009). La terza golden age della televisione: autorialità, generi, modelli produttivi. Sabinae.

Proverbio, A. M., La Mastra, F., & Zani, A. (2016). How negative social bias affects memory for faces: An electrical neuroimaging study. PloS one, 11(9), e0162671.

Sozzi, L. (1981). Il buon selvaggio e le lettere italiane. Studi di Letteratura Francese, 7, 7.

Articoli sempre aggiornati sul mondo della Psicologia

Direttamente nella tua casella di posta!