DSA: record diagnosi. Malattia o mezzo di guadagno?

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Non sono mai stati così tanti, dice il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Si sono scoperti così, improvvisamente, come se fossero sbarcati sulla Terra dai barconi intergalattici di Marte. Sono i DSA, ragazzi con un Disturbo Specifico dell’Apprendimento.

Nel lontanissimo 2014/2015 il MIUR ne conta ufficialmente, tra statali e non, di ogni ordine e grado, 186.803 di cui:

  • 108.844 alunni con disturbi di dislessia.
  • 38.028 di disgrafia.
  • 46.979 di disortografia.
  • 41.819 di discalculia.

Lo stesso Ministero ammette:

“Nel corso degli ultimi anni le diagnosi di disturbo specifico di apprendimento, nelle sue varie forme, sono notevolmente aumentate; se nell’anno scolastico 2014/2015 si è registrata una percentuale di alunni con Dsa sul totale degli alunni pari al 2,1%, nell’anno scolastico 2010/2011 tale percentuale era di appena lo 0,7%”.

In Italia il numero di studenti con qualche disturbo specifico dell’apprendimento aumenta ancora nell’anno 2016/2017: 254mila pari al 2,9% degli iscritti.
Confrontando i dati, come raccontato da Ilfattoquotidiano.it, si conferma il forte trend di crescita, visto che solo 7 anni fa erano lo 0,7% del totale della popolazione scolastica.
Gli alunni con disturbi specifici di apprendimento sono maggiormente presenti nelle Regioni del Nord-Ovest (4,5% del tot), Centro e Nord-Est (3,5-3,3% del tot) ultime le Regioni meridionali (1,4% del tot e che secondo presidente dell’Associazione Italiana Dislessia, Sergio Messina, questo divario denunci un marcato fenomeno di sotto-certificazione).

COSA SONO I DSA?

Con l’acronimo DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) si intende una categoria diagnostica, relativa ai Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento che fanno parte dei disturbi del neurosviluppo (APA, 2013), che riguarda i disturbi delle abilità scolastiche, ossia Dislessia, Disortografia, Disgrafia e Discalculia:

  • Dislessia: disturbo della lettura (intesa come abilità di decodifica del testo).
  • Disortografia: disturbo della scrittura (intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica).
  • Disgrafia: disturbo della motricità grafica.
  • Discalculia: disturbo delle abilità di calcolo (intese come capacità di operare con i numeri).

La Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità (Cc-ISS, 2011) definisce i Disturbi Specifici dell’Apprendimento:

“Disturbi che coinvolgono uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Essi infatti interessano le competenze strumentali degli apprendimenti scolastici.”

E’ un passaggio importantissimo che sottolinea che i bambini con DSA hanno un’intelligenza nella norma e/o superiore alla norma.

BOOM DI DSA

Secondo il MIUR, l’aumento delle certificazioni è “dovuta all’introduzione della legge 170/2010 grazie alla quale la scuola ha assunto un ruolo di maggiore responsabilità nei confronti degli alunni con questi disturbi, con più formazione per il corpo docente (?) e una sempre maggiore individuazione dei casi sospetti”.

«La crescita esponenziale di dislessici alle elementari e alle medie cui stiamo assistendo negli ultimi anni non è credibile».

Così netto si esprime a riguardo il professor Alain Goussot, docente di Pedagogia Speciale all’Università di Bologna. Ma a chi gioverebbe? Perché come in tutte le cose una spesa alla base c’è e non è poca: spesso per una diagnosi di dislessia si arriva a spendere quasi 1000€ a famiglia, tra psicologi, neurologi e logopedisti.
Anche su questo il professor Goussot è lapidario:

«C’è un business (20 miliardi di dollari negli USA) di diverse aziende, in particolare quelle farmaceutiche. Prendiamo l’esempio della Big Pharma: diagnosticare un DSA ad un bambino lo spinge molte volte a sentirsi diverso ed escluso. E quando un bambino viene etichettato in questo modo, il più delle volte reagisce con stati di ansia, angoscia e problemi di adattamento. Tutti questi sintomi si curano con gli psicofarmaci».

Con toni più pacati, ma sempre nella stessa direzione, il pedagogista Daniele Novara che denuncia il gran numero di “false diagnosi“. Viene fatta confusione tra la difficoltà di apprendimento e disturboconclamato preferendo, troppo spesso, “la terapia all’educazione”.

IL NODO DELLA QUESTIONE: DSA SI O DSA NO?

Stiamo di fronte ad un eccesso diagnostico che crea più problemi di quanti ne risolva oppure stiamo finalmente smettendo di etichettare come lenti o svogliati dei bambini che invece hanno un disturbo specifico e circoscritto?

Sicuramente l’importanza di una diagnosi seria e rigorosa, che non si riduca a una batteria di test, tra l’altro costosissimi per le famiglie è fondamentale. Tuttavia non si può nascondere la testa sotto la sabbia nei riguardi del problema dell’utilizzo improprio di queste diagnosi. Per molti genitori e purtroppo anche per molti insegnanti la diagnosi è vista come una facile soluzione che solleva dalle responsabilità di mettere in discussione, magari, un metodo educativo troppo standardizzato oppure una relazione difficile con il genitore.
Il rischio da evitare, quindi, è quello di usare la malattia come scusa e di vedere la diagnosi come via di fuga dalla responsabilità. Non basta che un bambino vada male a scuola perché si tratti di DSA: non si devono confondere delle difficoltà didattiche o di relazione con un disturbo, peraltro molto complesso. Si rischia di etichettare un bambino/a e di farli sentire diversi dai loro coetanei.

 

 


Bibliografia

American Psychiatric Association (APA). (2013). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014.

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